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"VINCEREMO ANCORA" Il primo EP disponibile dal 20 giugno su tutti i digital stores!
domenica 27 maggio 2018
"Bob Dylan in Italia" su Buscadero (Maggio 2018)
Su Buscadero del mese di Maggio 2018 sul Focus Il ritorno di Bob Dylan in Italia la recensione del concerto di Bob Dylan a Firenze, a cura di Alberto Romagnoli.
Se volete buona lettura!
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domenica 29 aprile 2018
Incontri ravvicinati con Bob Dylan!
Verona, 27 aprile.
Ore 14. Quattro sono i pullman neri parcheggiati fuori dell’Arena. Bob sarà già arrivato? Sembra di no! La band è già dentro all’Arena per un line check con quasi 30 gradi. Il boato di una strumentale Ballad Of A Thin Man infinita esce e disperde nella città di Romeo e Giuletta. Il tempo di mangiare una pizza e bere una birra tra Piazza Bra e Piazza delle Erbe, di beccare per un fugace incontro Toby Jones (anch’egli per il concerto) più grottesco che al cinema su Tale of Tales, mentre beve un cappuccino dopo il pranzo (proprio da inglesi!), per poi tornare di nuovo all’Arena.
Ore 16. Bob è già arrivato per il sound check. A quanto pare scortato con una Jeep anch’essa nera e blindatissima. La sua presenza al piano si sente eccome su Early Roman Kings e Duquesne Whistle. La sensazione di star partecipando alle prove di Bob è incredibile, e vale più di ogni concerto visto. Poter ascoltare ogni dettaglio è incredibile, e lo è ancora di più poter ascoltare un pezzo sconosciuto, probabilmente inedito, tra la ballata e uno swing, magari appena partorito dall’inventiva geniale di His Bobness! Chissà se ci sarà mai occasione di riascoltarlo un giorno? È stato veramente piacevole! Poi subito dopo attacca una riarrangiatissima Pay In Blood e poi una delicata Simple Twist Of Fate. Infine una tostissima Highway 61 Revisited. Sembra pure sentire qualche parola ma in realtà è solo il “one, two, one, two” del tecnico del suono sul microfono di Dylan. Di lì a poco il silenzio totale. Poi niente, tutto fermo. Ma ecco che pochissimi istanti dopo vedo due bestioni. Uno è Barron, il truce mastino di Bob Dylan. Ci sono altri bodyguards. E poi eccoci. La sagoma è quella! Felpa verde con cappuccio, maniche arrocciate e t-shirt blu, orologio al polso, cappello da baseball, pantaloni scuri, scarpe di pelle e soprattutto gli inconfondibili RayBan a goccia. Nonostante gli occhiali scuri che indossa, come dice in Long And Wasted Years per coprire segreti che non riesce a nascondere, tutto il suo essere è lì mostrato. È proprio Bob Dylan in persona! Mentre sale le scale, nascosto dall’ammasso di muscoli dei suoi prodi scagnozzi che rendono impossibile anche un solo scatto, io corro nella sua direzione, verso l’ingresso del suo pullman. Ed eccolo che si sta dirigendo proprio verso di me. Il presente diventa una corsa contro il tempo. Tutto va a puttane. Me lo trovo davanti e guarda proprio nella mia direzione. Non c’è nessun altro. Sta guardando proprio verso di me, cazzo! È questione di solo pochissimi istanti, rarefatti, leggeri, sottili, sospesi nel tempo, nel tempo di un accenno, qualcosa come un “ti ho visto”, l’accenno a qualcosa di reale, concreto, tangibile, qualcosa che è accuduto veramente, qualcosa che ha unito per un istante due strade parallele, ma che un attimo si sono incontrare. La realtà così concreta, si vanifica, all’istante mentre Bob scompare nuovamente dalla vista per sparire dentro al suo pullman nero. Resta il silenzio che suona come un tuono nella mia mente, tra la magia attonita e l’incredulità di quello che è appena accaduto. Sembra di esser entrati in quell’universo eccezionale e sconfinato, dentro la saga di Ballad Of A Thin Man e di non poterne più uscire. Forse è solo un trucco. Cosa sta succedendo qua, Mr. Jones?
La smaterializzazione del tempo e dello spazio per un altro concerto del Never Ending Tour destinato all'eternità.
Grazie Bob, alla prossima!
Ore 14. Quattro sono i pullman neri parcheggiati fuori dell’Arena. Bob sarà già arrivato? Sembra di no! La band è già dentro all’Arena per un line check con quasi 30 gradi. Il boato di una strumentale Ballad Of A Thin Man infinita esce e disperde nella città di Romeo e Giuletta. Il tempo di mangiare una pizza e bere una birra tra Piazza Bra e Piazza delle Erbe, di beccare per un fugace incontro Toby Jones (anch’egli per il concerto) più grottesco che al cinema su Tale of Tales, mentre beve un cappuccino dopo il pranzo (proprio da inglesi!), per poi tornare di nuovo all’Arena.
Ore 16. Bob è già arrivato per il sound check. A quanto pare scortato con una Jeep anch’essa nera e blindatissima. La sua presenza al piano si sente eccome su Early Roman Kings e Duquesne Whistle. La sensazione di star partecipando alle prove di Bob è incredibile, e vale più di ogni concerto visto. Poter ascoltare ogni dettaglio è incredibile, e lo è ancora di più poter ascoltare un pezzo sconosciuto, probabilmente inedito, tra la ballata e uno swing, magari appena partorito dall’inventiva geniale di His Bobness! Chissà se ci sarà mai occasione di riascoltarlo un giorno? È stato veramente piacevole! Poi subito dopo attacca una riarrangiatissima Pay In Blood e poi una delicata Simple Twist Of Fate. Infine una tostissima Highway 61 Revisited. Sembra pure sentire qualche parola ma in realtà è solo il “one, two, one, two” del tecnico del suono sul microfono di Dylan. Di lì a poco il silenzio totale. Poi niente, tutto fermo. Ma ecco che pochissimi istanti dopo vedo due bestioni. Uno è Barron, il truce mastino di Bob Dylan. Ci sono altri bodyguards. E poi eccoci. La sagoma è quella! Felpa verde con cappuccio, maniche arrocciate e t-shirt blu, orologio al polso, cappello da baseball, pantaloni scuri, scarpe di pelle e soprattutto gli inconfondibili RayBan a goccia. Nonostante gli occhiali scuri che indossa, come dice in Long And Wasted Years per coprire segreti che non riesce a nascondere, tutto il suo essere è lì mostrato. È proprio Bob Dylan in persona! Mentre sale le scale, nascosto dall’ammasso di muscoli dei suoi prodi scagnozzi che rendono impossibile anche un solo scatto, io corro nella sua direzione, verso l’ingresso del suo pullman. Ed eccolo che si sta dirigendo proprio verso di me. Il presente diventa una corsa contro il tempo. Tutto va a puttane. Me lo trovo davanti e guarda proprio nella mia direzione. Non c’è nessun altro. Sta guardando proprio verso di me, cazzo! È questione di solo pochissimi istanti, rarefatti, leggeri, sottili, sospesi nel tempo, nel tempo di un accenno, qualcosa come un “ti ho visto”, l’accenno a qualcosa di reale, concreto, tangibile, qualcosa che è accuduto veramente, qualcosa che ha unito per un istante due strade parallele, ma che un attimo si sono incontrare. La realtà così concreta, si vanifica, all’istante mentre Bob scompare nuovamente dalla vista per sparire dentro al suo pullman nero. Resta il silenzio che suona come un tuono nella mia mente, tra la magia attonita e l’incredulità di quello che è appena accaduto. Sembra di esser entrati in quell’universo eccezionale e sconfinato, dentro la saga di Ballad Of A Thin Man e di non poterne più uscire. Forse è solo un trucco. Cosa sta succedendo qua, Mr. Jones?
Grazie Bob, alla prossima!
sabato 28 aprile 2018
Bob Dylan and his Band in Verona - 27 aprile 2018
Bob Dylan and his Band
Anfiteatro Arena di Verona
Verona
27 aprile 2018
1. | Things Have Changed (Bob on Piano) |
2. | Don't Think Twice, It's All Right (Bob on Piano) |
3. | Highway 61 Revisited (Bob on Piano) |
4. | Simple Twist Of Fate (Bob on Piano) |
5. | Duquesne Whistle (Bob on Piano) |
6. | Melancholy Mood (Bob center stage) |
7. | Honest With Me (Bob on Piano) |
8. | Tryin' To Get To Heaven (Bob on piano) |
9. | Come Rain Or Come Shine (Bob center stage) |
10. | Pay In Blood (Bob on Piano) |
11. | Tangled Up In Blue (Bob on Piano) |
12. | Early Roman Kings (Bob on Piano) |
13. | Desolation Row (Bob on Piano) |
14. | Love Sick (Bob on Piano) |
15. | Autumn Leaves (Bob center stage) |
16. | Thunder On The Mountain (Bob on Piano) |
17. | Soon After Midnight (Bob on piano) |
18. | Long and Wasted Years (Bob center stage) |
(encore) | |
19. | Blowin' In The Wind (Bob on Piano) |
20. | Ballad Of A Thin Man (Bob on Piano) |
domenica 8 aprile 2018
Bob Dylan and his Band in Firenze - 7 aprile 2018
Bob Dylan and his Band
Nelson Mandela Forum
Verona
7 aprile 2018
1.
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Things Have Changed (Bob on Piano)
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2.
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Don't Think Twice, It's All Right (Bob on Piano)
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3.
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Highway 61 Revisited (Bob on Piano)
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4.
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Simple Twist Of Fate (Bob on Piano)
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5.
|
Duquesne Whistle (Bob on Piano)
|
6.
|
Melancholy Mood (Bob center stage)
|
7.
|
Honest With Me (Bob on Piano)
|
8.
|
Tryin' To Get To Heaven (Bob on Piano)
|
9.
|
Once Upon A Time (Bob center stage )
|
10.
|
Pay In Blood (Bob on Piano)
|
11.
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Tangled Up In Blue (Bob on Piano)
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12.
|
Early Roman Kings (Bob on Piano)
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13.
|
Desolation Row (Bob on Piano)
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14.
|
Love Sick (Bob on Piano)
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15.
|
Autumn Leaves (Bob center stage)
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16.
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Thunder On The Mountain (Bob on Piano)
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17.
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Soon After Midnight (Bob on Piano)
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18.
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Long and Wasted Years (Bob center stage)
|
(encore)
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19.
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Blowin' In The Wind (Bob on Piano)
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20.
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Ballad Of A Thin Man (Bob on Piano)
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venerdì 6 aprile 2018
Una notte magica a Roma.
Sembra che Bob Dylan nel giorno di Pasqua, appena arrivato da Barcellona, dopo la serie di concerti in Spagna e Portogallo, abbia fatto un giro per la Città Eterna. Da solo, senza scorta e senza il suo fidato bodyguard Barron. Vestito di nero dalla testa ai piedi. Cappuccio, berretta, occhiali, giacca, jeans e stivali. Ben diverso dagli americani in vacanza che si vedono di questi periodi girovagare, in sandali e t-shirt, tra le rovine dei Fori. Ebbene Dylan ha fatto la sua passeggiata romana. È tornato a Piazza di Spagna dove ha un appartamento ormai da anni, forse senza nemmeno entrarvi. Preferisce dormire nel suo bus blindato ormai da anni, anzi, decenni. È passato davanti al Folk Studio dove suonò nel lontano 1962. Ha rivisto angoli e luoghi pieni di ricordi di Suze Rotolo, e di chissà quante amanti. Ha imboccato Via dell'Impero passando di soppiatto dal Colosseo. Infine, dirigendosi verso San Pietro, dopo la lunga camminata è entrato in una vecchia osteria per bene una Coca Cola fresca. Lì, qualcuno sembra che l'abbia riconosciuto. Forse dalla sguardo sotto gli occhiali scuri o forse dalla voce rauca e nasale. Pare che Dylan gli abbia pure fatto un sorriso.
giovedì 5 aprile 2018
Una notta magica a Roma
Bob Dylan and his Band
Auditorium Parco della Musica
Sala Santa Cecilia • Roma
3 aprile 2018
1.
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Things Have Changed (Bob on Piano)
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2.
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Don't Think Twice, It's All Right (Bob
on Piano)
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3.
|
Highway 61 Revisited (Bob on Piano)
|
4.
|
Simple Twist Of Fate (Bob on Piano)
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5.
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Duquesne Whistle (Bob on Piano)
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6.
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Melancholy Mood (Bob center stage - no
harp)
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7.
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Honest With Me (Bob on Piano)
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8.
|
Tryin' To Get To Heaven (Bob on Piano)
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9.
|
Once Upon A Time (Bob center stage - no
harp)
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10.
|
Pay In Blood (Bob on Piano)
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11.
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Tangled Up In Blue (Bob on Piano)
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12.
|
Soon After Midnight (Bob on Piano)
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13.
|
Early Roman Kings (Bob on Piano)
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14.
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Desolation Row (Bob on Piano)
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15.
|
Love Sick (Bob on Piano)
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16.
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Thunder On The Mountain (Bob on Piano)
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17.
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Autumn Leaves (Bob center stage)
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18.
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Long and Wasted Years (Bob on Piano)
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|
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(encore)
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19.
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Blowin' In The Wind (Bob on Piano)
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20.
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Ballad Of A Thin Man (Bob on Piano)
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Intervista Tg2 a proposito del ritorno di Bob Dylan in Italia e del suo concerto a Roma.
Musica, tutto esaurito per i concerti romani di Bob Dylan TG2 13:00 del 04/04/2018
TG2 13:00 del giorno 04/04/2018
lunedì 2 aprile 2018
Il ritorno di Bob Dylan in Italia: nove concerti per il Premio Nobel che non ne vuol sapere di invecchiare
Bob Dylan manca dai palchi della Penisola da quasi tre
anni, da quando, nel novembre 2015, chiuse il tour dell'anno al prestigioso
Teatro degli Arcimboldi di Milano con due date. Una scaletta statica per
entrambe le serate: vecchi e nuovi classici alternati a standard della musica
tradizionale americana firmata Frank Sinatra. Una scaletta che ha visto un
Dylan indossare i panni dal crooner
anni '40 al folksinger, tra il bluesman e il gangster, con picchi di tragica
teatralità, fino allo spietato giocatore d'azzardo newyorkese e l'amante ferito
dal dolore e dalla sofferenza. Infatti, infiniti sono i volti, i nomi, i ruoli,
che con il tempo gli sono stati dipinti addosso: cantautore di protesta,
cantante folk, rock, country, blues, reazionario, innovatore, cristiano, ebreo,
profeta, messia, ma lui ha sempre rifiutato ogni definizione ed etichetta.
All'alba delle sue settantasette primavere Dylan sta portando per il mondo il Never Ending Tour, il noto Tour Senza Fine (dopo le date europee,
suonerà in estate nel paese del Sol Levante, il Giappone), che quest’anno
festeggia il trentesimo anniversario. Non sappiamo quale sarà la scaletta che
alternerà nel corso del tour, né quello che possiamo aspettarci da ogni singola
esibizione. Abbandonerà del tutto i pezzi di Sinatra? Tanti si chiedono, a gran
voce, se è davvero finita questa sbornia per il cantante di My Way. Chi lo sa. Di certo è evidente la
sua empatia, che sprizza da tutti i pori, quando interpreta magistralmente una Autumn Leaves, brano del 1945 che allude
chiaramente all'età che avanza con una forte nostalgia per i vecchi amori e del
tempo che fu. Un Dylan che fa il conto con gli anni, cosciente come mai che “i tempi” e "le cose sono cambiate". Lo sente sulla pelle ormai
emaciata dalla rughe del tempo, dall’autunno della vita: “Da
quando sei andata via le giornate si sono allungate. Presto sentirò la vecchia
canzone dell'inverno. Ma mi manchi più di tutto mia cara. Quando le foglie
d'autunno iniziano a cadere”. Canta così, con la
lancinante umanità che lo ha sempre contraddistinto. Autumn Leaves tocca uno dei momenti culmine, uno degli apici di
quel concerto di chissà quale luogo e di chissà quale tempo nel suo Never Ending Tour. Già, Dylan, il poeta
onorato del Premio Nobel alla Letteratura
2016, ha saputo reinventarsi ancora. E c'è da dire che gli accademici di
Svezia sono stati perspicaci. Ci hanno visto lungo. Il riconoscimento “Per aver creato nuove espressioni poetiche nella
grande tradizione della canzone americana” è proprio il leitmotiv che Dylan sta ancora
tracciando attraverso il fil rouge
della sua immensa opera. Dylan ha saputo darsi ancora un nuovo volto e
oltrepassare quel traguardo. Nel giro degli ultimi quattro anni ha pubblicato
ben tre album di covers di Sinatra. Addirittura l'ultimo album (Triplicate, 2017) è un triplo. Questa
capacità di rendere la reinterpretazione di un pezzo, e farlo totalmente suo, è
la vera svolta, e, questo vale pure per i suoi classici, proposti adesso dal
vivo con un nuovo arraggiamento, in perfetto Sinatra mood.
Le liriche di Autumn
Leaves, scritte dal celebre Jacques Prévert, scorrono come un fiume in
piena nella sala da concerto e non c'è discrasia o alcun imbarazzo tra un testo
così onesto, che non è stato scritto di proprio pugno, e quella voce che esce sincera
come non mai. È l'immersione totale in queste liriche così dense di tradizione
e nostalgia che un profano potrebbe tranquillamente scambiarle per un suo
vecchio pezzo originale che non canta ormai da anni. È questo l'estremo lavoro
che ha fatto magistralmente Dylan, sull'orlo di una vecchiaia che comincia pian
piano ad accettare, ma, che come nel binomio Nietszche-Wagner, o che si voglia
Schopanhauer, anch'egli, staccatosi dal suo “educatore”, è libero; sempre sulla
strada e sempre avanti nel tempo. “Non
parlo, soltanto cammino. Quel ponte brucerò, prima che tu possa passare”
canta in Ain’t Talkin’. Dylan sta
ancora percorrendo quella strada che lo ha portato lontano dalla sua città,
Duluth nel remoto Minnesota, fino a New York, per diventare quello che è
diventanto. Dylan sta ancora tracciando quella strada e adesso sta arrivando in
città. Domani sera sarà a Roma all'Auditorium Parco della Musica. Forse è
ancora in cerca di qualcosa, come quando a Roma giunse per la sua amata,
l'italoamericana, Suze Rotolo, e qua scrisse per lei due dei suoi più grandi
capolavori: Girl From The North Country
e Boots Of Spanish Leather. Forse è
ancora per stada per non venir meno a quel patto che strinse con il Capo quando
tutto cominciò. Forse perchè lui è Bob Dylan e ce l’ha detto da un bel po’ di
tempo: «Non sono io che ho creato Bob
Dylan. Bob Dylan è sempre esistito e sempre esisterà».
Bentornato in Italia, Bob!
Alberto Romagnoli
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